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LE PIETRE ORIGINALI DELLA BERGAMASCA
31. July 2006 12:34
(last updated: 12. February 2010 19:19)
Pubblicato in CAVE E GEOLOGIA

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Eredità storico culturale e preziosa georisorsa del territorio bergamasco. di Grazia Signori (geologo) ricercatrice del CNR.

Per molti secoli, fino all’avvento del cemento, nella seconda metà del 1800, la pietra ha fatto parte della crescita e dello sviluppo della città di Bergamo e di molti centri urbani della nostra provincia.
Di conseguenza le pietre sono un elemento caratteristico della città, soprattutto del suo centro storico, e sono armoniosamente integrate nel paesaggio e nel tessuto urbano.
La peculiarità infatti del rapporto pietra-città nel caso di Bergamo è data dalla priorità della funzionalità edilizia sull’effetto estetico: a Bergamo la pietra non si esprime nelle architetture ardite e grandiose dei graniti e marmi esotici, vivaci, lussuosi e imponenti che si possono ammirare in città come Roma e Venezia, ma in un utilizzo più umile, per quanto indispensabile, rispondente ad esigenze strutturali piuttosto che a velleità decorative.
La pietra qui esprime i caratteri modesti e discreti del materiale da costruzione, non è soggetta alle correnti architettoniche ma alle necessità costruttive, fatto che rende ancora più importante il ruolo della tradizione di utilizzo di “certi” materiali locali piuttosto che altri provenienti da aree lontane. La presenza della pietra -evidentissima, nella città che sorge dalla pianura cinta dalle mura venete- affascina con la rustica sobrietà delle superfici lavorate a mano e del colore caldo, che assume tonalità dorate con la luce del sole.
La poesia che segue “Piedras do Bergamo” di Antonio Colinas poeta, scrittore, traduttore e saggista è un esempio di questa accattivante suggestione.
A Bergamo sono tuttora visibili testimonianze dell’uso della pietra già in epoca antica: lungo alcune vie di Città Alta sono conservati (e “riciclati”) alcuni tratti di mura pre-romane - costruite da popolazioni di origini etrusche o liguri? la discussione è ancora aperta, realizzate con una pietra proveniente dai colli della città e molto simile a quella attualmente escavata a Credaro; nella città bassa, è romana la colonna in marmo di Zandobbio prospiciente la basilica di S. Alessandro e da cui la chiesa prende il nome (S. Alessandro in Colonna).
Oltre ai siti di escavazione occasionale, (Astino, Madonna del Bosco, S.Vigilio, Sombreno) le principali cave di arenaria furono due: la cava di Belfante dei Rivoli al Pozzo Bianco, attiva soprattutto in epoca romana e quella di Castagneta, che fornì materiale anche per tutto il rinascimento.
Negli edifici della basilica di Santa Maria Maggiore, della Cappella Colleoni, della Chiesa di Sant’Agostino; nelle mura venete, nel Palazzo della Ragione, nelle casetorri, nelle Muraine e negli edifici di età medievali e rinascimentali si riconoscono le pietre locali, la maggior parte delle quali ormai non più oggetto di escavazione, come il Marmo di Zandobbio, la Volpinite, il Marmo Nero della Val Seriana, il Rosso di Entratico, il Grigio di Nembro, la pietra Simona, l’arenaria di Castagneta, I’arenaria di Sarnico, I’ardesia di Branzi, ecc.
Gran parte delle fontane e delle porte di accesso a Città Alta, edificate tra il XIV ed il XVI secolo, sono in Marmo di Zandobbio e in arenaria di Castagneta, così come molte facciate o decorazioni architettoniche di chiese e palazzi nobiliari.
Dal 1800 in poi, grazie anche all’evoluzione delle tecniche estrattive si inizia ad usare in quantità maggiore le rocce da rivestimento: il marmo di Zandobbio, quello di Ardesio, il Ceppo e l’arenaria di Sarnico.
In molti casi sono abbinate a marmi non orobici in prevalenza di pietre provenienti dall’area ticinese e dal Veneto.
Le pietre ticinesi furono introdotte dalle maestranze campionesi operanti nelle fabbriche della città (soprattutto in quella della costruzione della Cappella Colleoni); infatti, poiché la lavorazione delle pietre richiedeva grande esperienza, le pietre utilizzate nei cantieri spesso venivano scelte (o imposte) in base all’abitudine d’uso del capomastro e dei suoi operai.
A Bergamo i marmi veneti vennero utilizzati per influsso della dominazione veneta, quando, pur senza accantonare l’uso delle pietre orobiche, si utilizzavano frequentemente materiali non locali proposti dalle diverse correnti artistiche e dai loro praticanti.
Un’impronta significativa viene poi data nel Ventennio, in occasione del rifacimento dell’area del centro - allora area fiera - poi divenuta il cuore della città bassa: Sentierone, Piazza Dante, Porta Nuova. In parte per lo stile in voga allora (lo stile Piacentini), in parte per la politica autarchica voluta dal Fascismo, si favorisce l’utilizzo dei marmi e delle pietre dei colli e delle valli bergamaschi: gli edifici principali vengono rivestiti con il marmo di Zandobbio, come la facciate della Biblioteca Maj (realizzata negli anni ’20 e della Casa Littoria (fine anni ’30) o con il Ceppo, pietra orobica già da tempo in uso a Milano. proveniente da numerose cave dislocate in tutta la provincia (Brembate, Capriate, Camerata Cornello, Poltragno e Castro); con i] Ceppo sono state realizzate le facciate di molti palazzi della città bassa come quella del teatro Donizetti, della Banca d’Italia, della sede della Camera di Commercio, nonché il Cimitero Unico.

Dott. Grazia Signori

I materiali storicamente estratti nella provincia di Bergamo
(Notizie storiche tratte da Antonio Pesenti, 1914)

Tipo di pietra - nome commerciale Località di estrazione (nella provincia di Bergamo)
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marmi neri: Orezzo (Val Gandino), Albino, Cene, Gazzaniga, Gorno, Parre, Solto, Fuipiano al Brembo, San Giovanni, S.Brigida, Oltre il Colle, Brembilla, Brumano, Rotafuori, Locatello, Riva Di Solto, Castro marmo rosso e marmo rosso venato: Entratico, Fuipiano al Brembo, Val del Giunco (1), Ardesio, Val Parina, Lonno, Valdinossa, Camerata, Nese marmo bianco-roseo Trescore, Zandobbio e Adrara S.Martino marmo lumachella: Bordogna, Mezzoldo, Valsurio (2) (Clusone) marmo gialliccio: Gavarno bianco cinerino: Vertova e Gazzaniga marmo maiolica: Almenno S.Salvatore gneiss bianchi e granitici: Pizzo Zerna marmo verde cinereo: Abbazia Vall’Alta alabastro calcare: Nembro, Conalba, Adrara alabastro statico o volpinite: Pizzino, Lovere e Volpino
arenaria peperina: Mapello arenarie: Branchino (Bordogna), Berzo, Brusaporto, Costa Mezzate, Ponticelli, Sotto il Monte, Rosicate, Calolzio, Piangaiano, Pianico, ecc. breccia dolomitica cavernosa Castro, Poltragno e Lenna breccia calcarea: Valgandino ceppo: Brembate, Capriate, S.Gervasio d’Adda, Camerata e San Pellegrino, Castro ardesia Valleve ardesia tegulare: Branzi, Carona, Barzesto, Fiumenero e Bondione tufo stalattitico: Averara, Brumano (Nembro), Foresto Sparso, Predore, Strozza marmo di Zandobbio: Zandobbio marmo venato finissimo: Ardesio marmo occhialino: Castro marmo mandorlato: Clusone volpinite: Volpino (3) marmo: San Benedetto Abbadia di Vallalta (4) ardesia tegulare: Branzi arenaria azzurrognola (arenaria di Sarnico): Sarnico pietra da taglio: Viganò S.Martino pietra coti: Nembro e Pradalunga, Torre de’ Busi, Palazzago, Grone

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1 Valgiongo (n.d.a.) - 2 Valzurio (n.d.a.) - 3 Costa Volpino (n.d.a.) - 4 Abbazia di Vall’Alta (n.d.a)



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